Giovanni Gentile

 

Giovanni Gentile nacque il 29 maggio del 1875  a Castelvetrano, provincia di Trapani, in Sicilia, e morì a Firenze il 15 aprile 1944, alla età di circa 69 anni. E' stato un filosofo italiano di elevato livello. Egli frequenta il liceo classico a Trapani; successivamente si laurea in Lettere e Filosofia alla Scuola Normale di Pisa nel 1897, a 22 anni di età. Insegna dapprima Filosofia nelle scuole superiori; nel 1906 insegna Filosofia nella Università di Palermo, dove resta fino al 1914. Nel 1914 insegna nella Università di Pisa e contemporaneamente, a partire dal 1917, insegna Filosofia nella Università la Sapienza di Roma. Contemporaneamente alla carriera universitaria svolge una intensa attività politica e filosofica; attività determinante per la storia politica, economica, sociale, della intera Italia. Infatti nel 1915 diventa membro del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione. Il 30 ottobre 1922 viene nominato Ministro della Pubblica Istruzione e vi resta fino al 1° luglio del 1924. Diventa Senatore il 5 novembre del 1922 e vi resta fino al 5 agosto del 1943. Mentre era Ministro della Istruzione fu emanata la riforma scolastica detta di Giovanni Gentile, su delega del Re Vittorio Emanuele Terzo, del 31 dicembre 1922. Nel 1925 Giovanni Gentile insieme a Giovanni Treccani fondano l'Istituto della Enciclopedia Treccani, dando luogo alla più grande impresa culturale italiana di tutti i secoli. Circa 3.266 studiosi italiani, di tutte le varie ideologie, furono pagati e si impegnarono per la scrittura e la stampa di 36 volumi pubblicati dal 1929 al 1937. Dopo varie minacce di morte fu ucciso a Firenze, mentre tornava a casa con la sua automobile il 15 aprile del 1944, da un gruppo armato.

 

Attività letteraria

Giovanni Gentile scrisse diverse opere; ricordo qui solo due sue opere che esprimono meglio la sua preparazione culturale, politica, filosofica, umana.

Un'opera di Giovanni Gentile fu il Sistema di logica come teoria del conoscere. Questa opera si compone di due volumi; nel primo volume Giovanni Gentile affronta il tema della logica come scienza filosofica; parla di logica nella filosofia antica e logica nella filosofia moderna, del logo come verità immanente e del logo come verità trascendente. Nella logica dell'astratto parla del principio di ragion sufficiente, del giudizio e delle sue forme, del sillogismo, dell'induzione, del concetto come sistema infinito del pensiero. Nel capitolo ottavo, pagina 236 egli dice:

Giacché il concetto non è il termine del pensiero, semplice particolare, essere naturale, che bisogna che si sdoppii, e cioè si neghi come essere particolare e naturale o termine, per essere pensato. Il concetto è il pensiero per eccellenza.

e ancora, a pagina 243:

Il concetto logico, sottratto alla sua antica e volgare confusione col termine logico, raccoglie in sé tutto il pensabile, non come astratta forma dell'essere, bensì come l'essere stesso in quanto pensabile, quale ci si rivela nel pensiero che pensiamo.

Nel secondo volume Giovanni Gentile parla del logo astratto e del logo concreto, dell'essere e del non essere, del sapere e dell'ignoranza dotta, della filosofia come scienza particolare e della filosofia universale.

 

Un'altra opera di Giovanni Gentile fu la Genesi e struttura della società. Questa opera contiene una sintesi del pensiero filosofico e politico del Gentile; egli parla di etica, individuo, società, Stato, economia, religione, storia, scienza, politica. Ogni individuo ha una sua coscienza di se stesso, quando inizia a pensare; è il pensiero che crea l'individuo; il cogito ergo sum di Cartesio. L'individuo poi vede gli altri individui e le altre cose attorno a lui; sceglie alcune cose a cui si affeziona, cioè ama, desidera, pensa.  Vede il bene, a cui Gentile dà il nome di libertà; l'individuo vede il male, cioè il passato o futuro da trascurare ed evitare; ad esso il Gentile dà il nome di schiavitù.

L'individuo vede la società e lo Stato. Lo Stato è diritto, diritto pubblico e diritto privato. Per l'individuo lo Stato è quello che esiste già, con le sue leggi e il suo Governo che esercita la sua autorità. Vi sono da un lato la coazione o coercizione dello Stato sull'indiduo e dall'altro la spontaneità dell'individuo; sono due poli opposti; la spontaneità si ha quando la democrazia è al massimo; la coercizione si ha quando l'assolutismo è al massimo; l'aumentare di un polo provoca la diminuzione del polo opposto.

Poi il Gentile analizza i quattro stati in cui è divisa la società; il primo stato è il clero; il secondo stato sono i nobili e gli aristocratici, cioè coloro che detenevano e producevano i beni necessari a mantenere in vita gli individui e difendere il popolo dalle aggressioni dei popoli stranieri. Il terzo stato è la borghesia, cioè l'insieme di coloro, che pur non discendendo da nobile famiglia, con le industrie ed il commercio, detenevano, e detengono, buona parte della produzione nazionale di beni, necessari alla sopravvivenza degli altri due stati, che nel frattempo perdevano, e non hanno ora, l'autosufficienza economica, man mano che si sviluppava, e si sviluppa, la scienza e la tecnica. Nacque così il capitalismo e il liberismo; capitalismo come terzo stato che acquista libertà nei confronti dei due stati, clero e nobili, dominanti prima dell'avvento della tecnologia. Il quarto stato è costituito dai proletari, cioè gli strati più poveri della società, operai, piccoli contadini, impiegati, dipendenti; sono i cosiddetti lavoratori.

Nasce, quindi il comunismo, il socialismo, il sindacato. Il sindacato rappresenta originariamente la forza del numero di lavoratori, cioè la gran massa di cittadini, sottomessi agli altri tre stati: clero, nobili, borghesi o capitalisti. Il sindacato non è lo Stato, ma è pur sempre un individuo, molto grande, che compone lo Stato; il sindacato, poi, si divide in tanti sindacati. Dice il Gentile, nel capitolo sesto, pagina 65:

Così il sindacato è lo stesso Stato quando si eleva dagli angusti suoi limiti di categoria sociale alla piena unità del volere universale che anima e promuove tutte le categorie.

Nei confronti della cultura, Giovanni Gentile sostiene, nel capitolo nono, pagina 96:

La cultura è sapere che forma l'uomo schiarendo e allargando la coscienza che ogni uomo deve avere di sé, ed esercitando perciò la riflessione sul contenuto del suo pensiero e sul proprio carattere, su quel che egli può e deve fare per andare incontro al proprio destino.

 

 

2020

prof. Pietro De Paolis

 

 

 

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