Ottocento

 

Giosuè Carducci

 

Francobollo emesso nel centenario della morte di Giosuè Carducci

Giosuè Carducci (1835-1907) nato a Valdicastello, in Versilia, nel 1835, figlio di un medico condotto, trascorse l'infanzia e l'adolescenza nella Maremma toscana, a contatto con la natura aspra e selvaggia che gli temprò il carattere.Tenne per molti anni la cattedra di eloquenza italiana dell'università di Bologna, acquistò notevole fama e fu considerato il più grande rappresentante vivente della cultura nazionale. Il premio Nobel che ricevette nel 1906 suggellò questi riconoscimenti. Fu critico e prosatore, ma è la sua poesia ad averne fatto un grande della letteratura italiana. Educato fin dall'infanzia all'amor di patria e agli eroismi, il Carducci è portato più all'azione che alla contemplazione. 

Occorre premettere che Carducci non è inquadrabile in nessun movimento letterario preciso: sebbene si professasse antiromantico e si ispirasse ai classici, per taluni atteggiamenti si accosta ad un tardo Romanticismo. 

Le sue liriche sono contenute nelle raccolte Iuvenilia, Levia Gravia, Giambi ed Epodi, Rime nuove, (tra cui: Pianto antico, Davanti San Guido, San Martino, A Giuseppe Garibaldi), Odi Barbare. Quest'ultime derivano il loro nome dal fatto che Carducci cercò di riprodurre nella lingua italiana i metri latini e greci.

 

I motivi ricorrenti nella poesia carducciana

Giosuè A. G. Carducci

Giosuè Carducci

Nella poesia del Carducci sono espressi tre motivi in particolare: epico-storico, epico-politico ed autobiografico.

Il motivo epico-storico è evidente nelle poesie come "Il Comune rustico"e "Faida di Comune", che rievocano l'epopea dei Comuni italiani, le vicende del Risorgimento italiano e vi si rivela la concezione della storia, tipicamente carducciana, basata sul contrasto tra libertà e tirannide, tra giustizia ed oppressione, che si ritrova nelle vicende storiche di tutti i popoli.

Il motivo epico-politico si manifesta nella contrapposizione, alla mediocrità di un'Italia uscita dal Risorgimento tradita in tutte le sue speranze di libertà, della realtà del mondo classico e delle epoche lontane o recenti in cui forti erano stati l'azione ed il sentimento patriottico, come, ad esempio, l'Italia dei Comuni e la stessa epopea risorgimentale.

Il motivo autobiografico si esprime attraverso un sentimento della natura che fu sempre vivo nel Carducci e che rimanda ad un mondo di affetti e lutti familiari, di malinconie, di sogni, di rievocazioni di quel paesaggio maremmano in cui il poeta visse la sua fanciullezza. Motivi questi che si ritrovavano in tante celebri poesie, quali: Pianto antico, Idillio maremmano, Funere mersit acerbo, Traversando la Maremma toscana, Davanti San Guido.

  

Per l'analisi del testo: Pianto antico

Scritta un anno dopo la perdita del piccolo Dante, morto a tre anni, la poesia è un grido di dolore del padre, che immagina il figlio sotto la terra "fredda" e "negra".Il titolo vuole indicare che altri padri, nella storia dell'umanità, piansero, come il poeta, per la morte dei figli: è dunque, il suo, un pianto antico.

Tendevi la piccola mano verso il melograno ancora verde e dai fiori vermigli. Quell' albero situato nell'orto,  ora che non ci sei più è diventato silenzioso e solitario, si rinverdirà solo ora che arriva l'estate con luce e caldo.

Tu che sei il fiore per la pianta, ( come il figlio per l'uomo), questa pianta provata e inaridita tu rappresenti l'ultimo e unico fiore (proprio come il piccolo Dante era l'ultimo nato e l'unico figlio maschio), ora sei nella terra fredda, scura che nemmeno il calore del sole e dell'amore riesce più a scaldare.

Il componimento è un'ode anacreontica composta di 16 versi distribuita in 4 strofette di settenari. Vi sono diverse figure retoriche. Vi è una  metafora e si trova nei versi 9-10 (tu fior della mia pianta percossa e inaridita) che paragona il fiore della vecchia pianta al figlioletto nato e staccatosi dalla sua ormai provata esistenza. Poi ancora: con la metafora l'orto viene personificato attraverso gli attributi "muto" e "solingo" nel verso 5. Abbiamo proprio all'inizio uno spezzamento dell'unità sintattica con la riuscita:"...tendevi la pargoletta..."proprio perché la frase si conclude con il verso successivo, e nei versi 7-8 con "ristora di luce". Inoltre nel testo si può trovare la ripetizione di una parola o di un gruppo di parole all'inizio di due o più frasi o versi, e cioè l'anafora che troviamo nei versi 9-11, 12-13, 14-15,(tu fior della mia pianta/tu unico fior de l'inutil vita- sei nella terra fredda/sei ne la terra negra-Nè il sol più ti rallegra/nè ti risveglia amor). Sempre negli ultimi versi 13-16 abbiamo l'allitterazione della "r", che si trova pure in posizione di rilievo, come lettera finale di ogni strofa; per ottenere un rafforzamento che produce un effetto ritmico.

I temi centrali sono: il dolore della morte del figlio, sentimento chiuso e disperato. La tristezza ci appare tanto più intensa quanto più il poeta insiste nella descrizione della natura, e qui il secondo tema: il contrasto tra il risveglio della natura e la morte. Natura calda di sole e rinnovata nei suoi colori, in drammatico contrasto con la terra fredda e nera che nasconde il figlioletto. Il dolore è tutto lì: nella pagana sensazione che "vita" vuol dire luce e calore e "morte" freddo e buio. Le parole chiave anche se non sono espressamente contenute nel testo, si possono ricavare dal lessico in aree comuni di significato. La forza espressiva è incentrata attorno appunto queste due parole: vita e morte.

 

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Alessandra Madaro

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