ISTRUZIONE (7a)

MARTEDI' 16 APRILE 2002
76a Seduta

Presidenza del Presidente
ASCIUTTI


Intervengono il ministro per l'istruzione, l'università e la ricerca Letizia Moratti e i sottosegretari di Stato per lo stesso dicastero Valentina Aprea e Maria Grazia Siliquini.

La seduta inizia alle ore 14,40

IN SEDE REFERENTE
(1251) CORTIANA ed altri. - Legge-quadro in materia di riordino dei cicli dell'istruzione.
(1306) Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale.
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)


Riprende l'esame congiunto, sospeso nella seduta pomeridiana di giovedì 11 aprile scorso.

Nel dibattito interviene il senatore BERLINGUER, il quale registra anzitutto che il blocco della riforma avviata con la legge n. 30 del 2000 ha comportato un brusco arresto di significative innovazioni, fra cui l'introduzione della lingua straniera nella scuola elementare, il potenziamento dell'educazione fisica, alcune importanti novità curricolari in campo matematico e scientifico, l'avvio dell'istruzione e formazione tecnica superiore, la strutturazione dell'ultimo anno dell'obbligo scolastico, il consolidamento dell'obbligo formativo a 18 anni, il rafforzamento dei centri di educazione per adulti. Non condividendo il giudizio del Presidente-relatore Asciutti che, nell'esposizione introduttiva (di cui invece egli apprezza significativamente altri profili), aveva criticato la legge n. 30 per aver livellato le basi culturali tradizionali, ritiene infatti che l'azione riformatrice del centro-sinistra aveva avuto, nella scorsa legislatura, proprio nella scuola uno dei campi di maggiore espressione.
A fronte di tante innovazioni, il blocco voluto dal centro-destra appare dunque segnato da un improvvido esprit de revanche, che finisce peraltro per ricadere sulla scuola anziché sui responsabili dell'innovazione e rende contemporaneamente assai difficile il necessario approccio bipartisan. Sarebbe stato al contrario assai più ragionevole operare di cesello, attraverso adeguamenti anche in itinere, evitando comunque l'attuale paralisi.
E' vero, prosegue l'oratore, che il nuovo Titolo V della Costituzione imponeva una revisione. E' discutibile tuttavia che il disegno di legge del Governo contenga effettivamente le norme generali richieste dal nuovo ordinamento costituzionale, oltre ad ogni considerazione critica sull'opportunità di dare attuazione a norme costituzionali attraverso il ricorso ad una delega legislativa. Né il disegno di legge governativo pare rispondente all'impegno annunciato in campagna elettorale di un forte coinvolgimento, sociale a maggior ragione parlamentare, sui contenuti della riforma. Assai più proficuo sarebbe stato svolgere un lavoro ricognitivo delle norme generali e dei livelli essenziali già esistenti (autonomia scolastica, innalzamento dell'obbligo, legge n. 30 e parità scolastica), onde poter successivamente procedere ad una migliore definizione degli ambiti oggetto di legislazione esclusiva, di quelli oggetto di legislazione concorrente e conseguentemente individuare la sfera di potestà regolamentare, sia statale che regionale. In tal senso, certo non appare sufficiente l'articolo 6 del disegno di legge n. 1306.
Quanto poi ai contenuti, egli lamenta che la centralità della continuità curricolare alla base della legge n. 30 (che pure avrebbe potuto essere più coraggiosa sotto questo profilo), risulti ora del tutto vanificata nel progetto del Governo. Con riferimento invece alla scuola secondaria, sollecita una tempestiva discussione sulle discipline e sui curricoli.
Egli si sofferma poi criticamente su alcuni aspetti specifici della riforma, quali l'anticipo dell'età scolare a cinque anni e mezzo (che giudica un compromesso fra opposte corporazioni e con riferimento al quale invita ad un confronto ragionevole senza cedimenti sul piano dell'innovazione), i piani di studio, l'attribuzione alle regioni di competenza curricolare (in merito alla quale evidenzia i rischi di incostituzionalità nel caso in cui non sia definitivamente approvato il disegno di legge Bossi sulla devolution).
Lamenta altresì la confusione, operata nel disegno di legge governativo, fra obbligo formativo e obbligo scolastico, deplorando che quest'ultimo scompaia in favore del diritto all'istruzione. A fronte di un processo comune a tutta l'Europa, di estensione della scolarizzazione di base, appare infatti un vulnus sociale ed etico, prima ancora che culturale, attenuare la pregnanza dell'obbligo scolastico.
Né appaiono opportune le modifiche riferite al sistema di valutazione, atteso che le innovazioni introdotte dal centro-sinistra in questo campo avevano riportato l'Italia fra i paesi evoluti dopo una lunghissima assenza.
Dichiarando di non voler entrare nel dettaglio delle questioni legate ai docenti, egli si sofferma infine sugli aspetti finanziari del provvedimento, criticando la scelta di rinviare ad un decreto successivo il piano degli interventi finanziari. Ritiene infatti che la copertura del provvedimento debba essere assicurata contestualmente ad esso, pena l'incorrere nella violazione dell'articolo 81 della Costituzione.
Conclude osservando come l'impresa legislativa cui il Governo chiama il Parlamento sia profondamente rischiosa, tanto più in una prospettiva assai incerta dal punto di vista finanziario, e sostanzialmente determinata da un esprit de revanche i cui effetti, una volta esaurito il furore iconoclasta, saranno pagati dalla scuola italiana.

Il senatore VALDITARA prende atto che il Parlamento sia oggi chiamato a scegliere fra il mantenimento in vigore della legge n. 30, varata dall'ex maggioranza di centro-sinistra, e l'approvazione della riforma proposta dal nuovo Governo. Premesso che contrasterebbe con i principi democratici più elementari negare il diritto alla nuova maggioranza di centro-destra di riformare la scuola appena riformata, atteso che ciò era nel programma elettorale su cui ha raccolto il consenso popolare, egli si interroga quindi sui nodi cruciali dell'ordinamento scolastico attuale, nel quale rinviene punti di forza (la scuola elementare, che è considerata fra le migliori d'Europa, e i licei, in particolare classico e scientifico) e punti di debolezza (la scuola media, la mancanza di un adeguato canale di istruzione e formazione professionale, lo scarso rapporto fra scuola e mondo del lavoro, l'inidoneità dei curricoli tecnico-professionali).
A tali problematiche, non dava tuttavia sufficiente risposta la riforma Berlinguer. Essa sopprimeva infatti le scuole medie, che rappresentano invece un passaggio indispensabile per la maturazione degli alunni, con conseguente elementarizzazione del percorso corrispondente e grave abbassamento delle basi culturali dei giovani. Inoltre, essa sconvolgeva ed annullava nella sua identità la scuola elementare. Lo stesso liceo risultava indebolito con il biennio comune e dunque caratterizzato da una preparazione livellata verso il basso: troppe erano infatti le possibilità di passaggio da un modulo all'altro, secondo esigenze legate più all'orientamento che all'approfondimento. Ancora, essa non prevedeva alcuna qualificazione per coloro che avessero deciso di non continuare gli studi, la formazione era vista come un percorso di serie B e la formazione in azienda era limitata a brevi stage. Oltre a non approfondire i collegamenti con l'università, la riforma Berlinguer incideva poi pesantemente sugli organici, con una perdita di 70-80.000 posti di lavoro. Infine, l'"onda anomala" avrebbe comportato l'esigenza di massicci investimenti sull'edilizia scolastica, che la riforma non prevedeva affatto, pretendendo al contrario di essere a costo zero.
A tale riforma il centro-destra contrappone ora il progetto presentato dal ministro Moratti che, sia pure configurato quale delega, appare assai più dettagliato ed articolato di quanto non fosse la riforma Berlinguer. Il ricorso alla delega operato dal disegno di legge n. 1306 ha del resto una sola funzione: graduare l'applicazione della riforma nel tempo, considerato che essa ha costi finanziari rilevanti, quantificati e previsti. Peraltro egli preannuncia fin d'ora la presentazione di un ordine del giorno che impegni il Governo a stanziare, nei prossimi cinque anni, risorse pari a 8-9,5 miliardi di euro per la scuola italiana.
Egli si sofferma quindi sui punti qualificanti della riforma.
Innanzitutto, sottolinea la distinzione fra elementari e medie, fortemente voluta da Alleanza Nazionale, che consente di salvaguardare la tradizione delle elementari sia pure articolate in una forma atta a rafforzare la preparazione del bambino. Anche la valutazione prevista al termine della quinta elementare avrà caratteristiche analoghe all'attuale esame.
Per la prima volta, si individua poi una funzione rivolta al futuro per la scuola media, che diventa una piattaforma forte verso la scuola secondaria di secondo livello. Nel rivendicare ad Alleanza Nazionale questa innovazione rispetto all'impostazione originaria della Commissione Bertagna, egli dichiara poi che, sotto il profilo dei programmi, la sua parte politica si attende in particolare il potenziamento dei contenuti logico-linguistici.
Quanto al doppio canale, egli registra che si tratta del modello che ha dato migliori risultati all'estero ed era contenuto nel programma elettorale del centro-destra. Non si tratta in alcun modo di un canale di serie B, bensì di un pilastro del sistema della produzione, con riferimento al quale Alleanza Nazionale giudica fondamentale salvaguardare lo studio di materie culturalmente qualificanti come italiano, matematica e storia. Egli sottolinea poi che il disegno di legge non prevede un'istruzione professionale necessariamente quadriennale: in tal caso, Alleanza Nazionale non avrebbe infatti dato il suo assenso al provvedimento. Al contrario, l'articolato sancisce un diritto alla formazione per almeno dodici anni e la possibilità di accesso all'università per coloro che provengano da corsi di istruzione professionale "almeno" quadriennali. Si tratta del resto di un'intuizione di cui lo stesso ex ministro Berlinguer ha riconosciuto la bontà e che era presente anche nel manifesto elettorale dell'Ulivo, ancorchè poi non compiutamente realizzato. Nel sottolinearne poi la rispondenza a logiche culturali conformi alla visione cristiana, tesa a valorizzare la persona in relazione ai suoi talenti, egli nega che possa avere effetti discriminatori, stanti le molteplici possibilità di passaggio dal sistema della formazione a quello dell'istruzione.
Con particolare riferimento all'alternanza scuola-lavoro, che Alleanza Nazionale giudica essenziale, osserva che essa dovrà essere applicata prevalentemente nei licei tecnologici, economici e professionali. Anche in questo caso, si tratta di un'innovazione già presente nel programma dell'Ulivo, nonostante ora sia oggetto di serrata critica da parte della CGIL e della Sinistra in generale, specificatamente per la previsione di incentivi alle imprese. E' evidente peraltro che dovranno essere realizzati accordi tra direzioni generali scolastiche e associazioni imprenditoriali e dovranno essere previste sanzioni per evitare usi distorti di tale strumento.
Egli rivendica poi ad Alleanza Nazionale la scelta di mantenere quinquennale la durata dei licei, con un quinto anno destinato a completare il percorso disciplinare nonché ad approfondire le conoscenze richieste per l'accesso all'università.
Giudica altresì positivamente le valutazioni biennali, che rappresentano un passo avanti rispetto al sistema dei debiti infiniti e possono incentivare la responsabilizzazione degli studenti. Preannuncia peraltro un ordine del giorno di Alleanza Nazionale che impegni il Governo a valutare, in sede di verifica triennale della riforma, gli effetti concreti di questa innovazione.
Soffermandosi indi sull'anticipo scolastico, il senatore Valditara osserva che esso si configura come una possibilità lasciata alla discrezione delle famiglie e finalizzata a garantire ai bimbi precoci di non perdere un anno. Alleanza Nazionale, pur non avendola proposta, ha dato e mantiene pertanto il suo assenso a questa innovazione che, come dimostrato del presidente relatore Asciutti nella sua esposizione introduttiva, è comune del resto a molti paesi europei. Né va dimenticato che fu proprio il centro-sinistra a proporre inizialmente un anticipo dell'età scolare. Esso dimostra d'altro canto che la riforma Moratti non regala nulla alle scuole private, togliendo anzi a queste ultime il monopolio delle "primine".
La riforma del Governo risolve poi, una volta per tutte, il problema decisivo del reclutamento degli insegnanti, che potrà essere maggiormente selettivo, garantirà una formazione più approfondita e consentirà, grazie al numero programmato, di adeguare la domanda con l'offerta. Per quanto riguarda il percorso universitario dei docenti, Alleanza Nazionale ritiene che esso non possa prescindere da una riforma del 3+2 ed auspica conseguentemente un diverso modulo (4+2). La sua parte politica considera altresì indispensabile che le scuole di specializzazione non si caratterizzino per la prevalenza di contenuti pedagogici ma costituiscano prioritariamente una sede di approfondimento disciplinare. Ritiene altresì doveroso, prima che il nuovo sistema vada a regime, procedere ad un'equa sistemazione degli attuali docenti precari.
Egli sottolinea infine con favore la reintroduzione del voto di condotta, giudicando fondamentale l'etica dei doveri per la costruzione di una società equilibrata ed una cittadinanza matura e responsabile.
Avviandosi alla conclusione, il senatore Valditara valuta il progetto governativo pienamente compatibile con il nuovo articolo 117 della Costituzione. Dichiara tuttavia che per Alleanza Nazionale i curricoli e i programmi sono importanti quanto il federalismo per la Lega e registra che nel Paese sta crescendo la richiesta di una rinnovata attenzione per tutta la storia culturale italiana e la nostra identità nazionale.
Poste a confronto, le riforme Berlinguer e Moratti sono dunque entrambe legittime ma profondamente diverse l'una dall'altra: la prima, come del resto la riforma universitaria del 3+2, consegue ad un impianto ideologico egualitalista e massificatore, volto ad appiattire i livelli di preparazione dei giovani verso il basso; la seconda è volta invece a valorizzare la persona, i suoi talenti, le sue potenzialità. Preannuncia conseguentemente un sostegno convinto e leale al progetto del Governo.

Il senatore MONTICONE, premesso di intervenire scevro da qualunque condizionamento legato a schieramenti politici, osserva anzitutto che il progetto del Governo non offre ragioni convincenti per una delega così ampia, prevalentemente rivolta ad aspetti organizzativi. Nel sottolineare lo stretto collegamento fra mutamenti profondi della società civile e riforme scolastiche, evidenziato del resto anche dal presidente relatore Asciutti nella sua esposizione introduttiva, deplora che il disegno di legge n. 1306 non si ponga un orizzonte nuovo, né si cali in un'idea attuale dell'Italia, nel contesto europeo e mondiale.
La Commissione Bertagna aveva svolto un lavoro apprezzabile sul piano tecnico, offrendo alcune indicazioni prospettiche interessanti. La traduzione politica di tali spunti nel disegno di legge n. 1306 non è tuttavia all'altezza dei fondamenti culturali richiesti, trascurando totalmente di calarsi nella storia del proprio tempo e di svolgere il suo ruolo di raccordo con la società.
Al contrario, sarebbe stato necessario uno stretto legame con i più significativi mutamenti dell'ultimo ventennio: rivoluzione tecnologica e comunicativa, orizzonte mondialistico dei diritti umani e globalizzazione.
La riforma del ministro Moratti sembra così approntata dagli adulti per i ragazzi rispettando la loro originalità, ma sostanzialmente incapace di storicizzare la formazione della persona in termini di cittadinanza, secondo i valori della Costituzione italiana e i fondamenti di quella europea.
Quanto ai contenuti, è senz'altro per il tramite degli insegnanti che essi saranno veicolati e in tal senso è indubbiamente opportuno l'impegno per la loro formazione. E' tuttavia altrettanto fondamentale l'acquisizione sui testi ed in tal senso il progetto del Governo appare particolarmente carente.
Egli si sofferma indi sui rapporti tra contenuti offerti e soggettività dell'alunno, interrogandosi su quale parte abbia la sperimentazione nel progetto governativo. Non ritiene infatti che l'alternanza scuola-lavoro sia sufficiente, atteso che la soggettività dell'alunno deve essere correlata – a suo giudizio – con la sperimentazione in tutto il percorso formativo. Invita poi a riscoprire il senso della comunità scolastica, nel contesto dell'autonomia, dando fin d'ora un indirizzo chiaro non delegabile a decreti successivi.
In assenza dei chiarimenti di fondo suesposti, egli individua infine due punti di maggiore criticità nel progetto avanzato dal ministro Moratti: anzitutto, l'anticipazione della scelta fra i due canali formativi a 14 anni (neanche sempre compiuti); in secondo luogo, l'anticipo dell'età scolare, sia pure in termini di mera possibilità. Con riferimento al primo aspetto, non ritiene sufficienti le possibilità di passaggio fra i due percorsi, atteso che la precoce canalizzazione non rispetta la soggettività dei ragazzi e rischia di non corrispondere alla loro originalità. Con riferimento al secondo, ritiene che disparità di crescita possano essere consentite solo in casi eccezionali e non di norma.
Conclusivamente, pur dichiarandosi non pregiudizialmente contrario alla riforma proposta dal Governo, esprime un giudizio severamente critico sul suo impianto culturale e politico.

Il seguito dell'esame congiunto è quindi rinviato.

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